Dopo la trionfale prima di Londra lo scorso 23 ottobre, attesissima la prima parigina del biopic dedicato a Freddie Mercury e ai Queen. Bohemian Rhapsody, questo il titolo del lungometraggio diretto da Bryan Singer, vede Rami Malek nei panni del lead singer della storica band inglese.
Diciamolo subito: nonostante qualche ingenuità il film è decisamente riuscito. Per niente retorico e lontano da ogni tentativo di giocare sulla leva emotiva, cosa che sarebbe stata possibile se ci si fosse troppo soffermati sulla fase terminale della vita di Freddie, morto per le conseguenze di una polmonite dopo aver contratto il virus HIV, il film si concentra principalmente sugli anni degli esordi della band fino ad arrestarsi al 13 luglio 1985, data della storica performance dei Queen al Live Aid.
Estremamente somigliante al musicista originario di Zanzibar, Rami Malek, ci regala una eccellente performance, riuscendo a riprodurne tutto lo humor, la simpatia e il carisma. Ben riuscita anche la trasposizione sullo schermo della delicata e allo stesso tempo profonda relazione con Mary Austin, storica fidanzata di Freddie, interpretata da una bella e convincente Lucy Boynton. Ben caratterizzata anche la relazione con gli altri Queen, Roger Taylor, Brian May e John Deacon. E questo per quanto cio’ sia possibile fare nel corso di una pellicola della durata di meno di due ore. I riflettori sono puntati soprattutto sui conflitti creativi intercorsi nei mesi della composizione e della registrazione del celeberrimo album A night at The Opera e, poi, sul periodo in cui Freddie decide di allontanarsi dalla band per concentrarsi sulla propria carriera solista.
Naturalmente la parte del leone è lasciata alla colonna sonora: i brani che fanno da sottofondo alle immagini sono noti e, pare persino superfluo dirlo, sono uno più bello dell’altro. Bohemian Raphsody prima di tutto, capolavoro di cui ci viene raccontata con una certa precisione la genesi assieme alla assoluta determinazione della band nel volerlo presentare al gran pubblico, nonostante le reticenze della casa discografica.
Non è il solo capolavoro presente. Una dopo l’altra, nel buio della sala, risuonano le note di Love of My Life, splendida ballata dedicata a Mary, We Will Rock You, Another One Bites the Dust, I want to Break Free, Who Wants to live Forever.
Un tripudio per le orecchie degli astanti, fra nostalgia e bellezza.
Emozionante e riuscita la sequenza dedicata al live di Wembley in occasione del Live Aid. Venti minuti passati alla storia della musica, per una performance praticamente perfetta.
Alcuni critici troveranno forse troppo sfumati gli anni della malattia e con essi la questione dell’omosessualità di Freddie. Per quanto mi riguarda, nella mia veste di recensore prima di musica che di cinema mi pare invece che la parte relativa alla genesi della band e all’apparizione sulle scene del quartetto capitanato da Mercury sia estremamente ben sviluppata e offra ai fan come ai neofiti la possibiltà di avvicinarsi con entusiasmo alla loro straordinaria carriera musicale.
Inutile dire che ieri sera la reazione del pubblico in sala è stata più che positiva.
8,5/10
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