A quattro anni di distanza dalla prima parigina di War Work – 8 Songs with Film, Michael Nyman ha fatto ritorno questa settimana nella capitale francese, accompagnato dai medesimi musicisti assieme ai quali si era esibito nel 2014. Luogo scelto per l’occasione una Salle Pleyel pressochè completa, nonostante la fredda e piovosissima serata autunnale.
Le otto tracce che costituiscono l’insieme di War Work sono la colonna sonora pensata per un film documentario dedicato alla Grande Guerra, nel corso del quale rari fotogrammi, recuperati da archivi d’epoca, mostrano i volti e i corpi deformati di soldati reduci dal fronte: l’effetto ottenuto è al tempo stesso sublime e spiazzante nel contrasto fra la bellezza della musica e dei testi – rubati in gran parte al poeta espressionista August Stramm – e l’atrocità delle immagini.
Ma andiamo con ordine.
Sono passate da poco le 20, quando Nyman e i suoi musicisti fanno il loro ingresso in scena.
Prima di War Work la scaletta prevede altre cinque arie tratte dal ricco repertorio del compositore inglese. Primo pezzo suonato una commovente versione di Memorial, brano del 1989 tratto dalla colonna sonora del film di Peter Greenaway, The Cook The Thief His Wife & Her Lover. Se il brano originale, ispirato dal Re Artù di Purcell, era dedicato alle trentanove vittime dello stadio Heysel, questo nuovo arrangiamento, reso anche più cupo dalle note dei tre sassofoni e del trombone basso, suonati rispettivamente da Andy Findon, Simon Haram, David Roach e Nigel Barr Bass è pensato in memoria delle vittime del Bataclan e della sinagoga di Pittsburgh. Un inizio indubbiamente di grande impatto, accolto con evidente emozione dai presenti.
Sono tratti dalle colonne sonore scritte per due altri capolavori di Greenaway i quattro successivi brani in scaletta: Chasing Sheep is Best Left to Shepherds e An eye for Optical Theory, inseriti nell’OST di The Draughtsman’s Contract, mentre L’hotel de Ville/ Come Unto These Yellow Sands e Passage à l’Egalité / Miranda fanno da sfondo al meraviglioso Prospero’s Book. Nyman offre le spalle alla sala ma dalle prime file si riesce a scorgere perfettamente il veloce passaggio delle dita sui tasti del pianoforte e si intuisce con chiarezza la passione che accompagna l’esecuzione. I pezzi sono tutti notissimi e il pubblico – in silenzio religioso – sembra a tratti come sospeso alle note. Scrosciante è l’applauso che saluta la fine di ogni brano, tanto da spingere Michael ad alzarsi più volte per accoglierlo e inchinarsi ai presenti.
Una brevissima pausa e per War Work fa il suo ingresso in sala la soprano Mary Louise Angel a cui sarà affidata l’interpretazione dei testi in francese, tedesco e ungherese delle otto canzoni in programma. Si tratta di melodie modellate sulla trama del ciclo di componimenti del poeta francese Gaston de Ruyter, Chansons vieilles sur d’autres airs, arricchite dai testi di David Bomberg, Isaac Rosenberg e Alfred Lichtenstein, poeti che hanno vissuto in prima persona la tragedia della grande guerra. Sublime e al tempo stesso spaesante l’esperienza che lo spettatore è chiamato a vivere, una sinestesia totale dei sensi che vede musica, immagini e testi sovrapporsi in un dialogo spiazzante e inedito fra orrore e bellezza. E cosi’ arie magnifiche ispirate da musiche di Schubert, Chopin e Gibbons accompagnano i volti e i corpi devastati di vite spezzate dall’assurdità della guerra.
“Le ciel envoie ses derniers reflets/ Dans treize jours, peut-être, je serai mort” recita il brano finale, Abschied (Fur Peter Scher), che è anche una breve poesia di Lichtenstein.
Una brevissima pausa e infine ultime tracce in programma una Serpentine Danse interpretata dal solo Nyman al pianoforte con l’accompagnamento di immagini che replicano la celeberrima danza coreografata da Loie Fuller e una reprise del Memorial che chiude magistralemente la serata.