Slowdive, Mojave 3, Minor Victories ed ora The Soft Cavalry. Pare inesauribile la vena creativa di Rachel Goswell, una delle voci più leggendarie dell’universo shoegaze. The Soft Cavalry è un duo formato da Rachel assieme al marito (nonchè tour manager degli Slowdive) Steve Clarke ed è anche un album che ha visto la luce a inizio luglio.
Dodici titoli e quasi un’ora di musica. Siamo lontani dalle distorsioni e dalle sonorità rarefatte, marcatamente shoegaze, a cui Rachel ci ha abituato nel corso della sua ormai ventennale carriera, sebbene esse facciano capolino qua a là, ad interrompere trame musicali dall’andamento generalmente indiepop. Pianoforte e chitarra sono gli strumenti che dominano la quasi totalità delle tracce. Ad essi si aggiungono di volta in volta tastiere, sintetizzatori e percussioni che, assieme alle voci di Steve e Rachel, quest’ultima presente soprattutto in background, contribuiscono a dare vita ad un insieme variato e allo stesso coerente di pezzi interessanti, mai banali, che si lasciano ascoltare con grande gradevolezza.
E’ Dive ad aprire le danze: primo singolo estratto, pubblicato in aprile, non è certamente l’episodio migliore dell’album, nonostante mescoli – a dire il vero in modo un po’ artificioso – le atmosfere sognanti dello shoegaze, con i suoi riverberi, con ritmi più tradizionali.
Ci pare decisamente più interessante il brano che segue, ovvero Bulletproof, traccia decisamente rock e dal ritmo veloce, sul cui sfondo si stagliano le due voci, perfettamente all’unisono, tanto da risultare inscindibili, a risolversi in dissolvenza sul finale, pressochè solo strumentale.
È invece piuttosto dimenticabile Never Be Without You, terzo singolo, pubblicato a fine giugno assieme a un video di animazione colorato e psichedelico. Il brano ha invece un sound pop abbastanza ordinario e non brilla per originalità.
Gli episodi notevoli, tuttavia non mancano. A partire da Passerby, introdotta dall’inconfondibile voce di Rachel a illuminare quasi tutta la parte iniziale della traccia, a cui conferisce un andamento allo stesso tempo magico e sognante. Decisamente uno dei pezzi più belli, se non il più bello del disco.
Non possiamo esimerci dal segnalare anche l’ipnotica Spiders con il suo ritmo ineguale e le sue atmosfere gotiche, che puo’ contare su un testo tanto interessante quanto claustrofobico.
Riuscita anche la cupa e notturna Home, dal ritmo in crescendo a culminare in un’esplosione, sottolineata da un tappeto di sintetizzatori, sul finale. O, ancora, Mountains e The Light that Shines on Everyone, due ballate che ci trasportano in un universo quasi fatato e che rendono giustizia dell’indiscutibile talento di Clarke.
Ma è proprio il finale a riservarci probabilmente l’episodio più significativo con Ever Turning Wheel, brano come Dive in apertura, ma con un esito decisamente migliore, non si allontana dalle atmosfere shoegaze e che- specie in coda- rievoca le sonorità a cui Rachel ci ha abituato con la band madre, gli Slowdive.
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7,6/10