E’ un anno importante e ricco di feconde collaborazioni, questo 2019, per il National Bryce Dessner: immerso in una miriade di progetti, il talentuoso multistrumentista si è misurato di volta in volta con la composizione di colonne sonore per il grande schermo, la realizzazione di pièces teatrali e partiture classiche, senza trascurare la band madre, con la quale ha pubblicato il nuovo bellissimo album I’m Easy to Find.
Vi abbiamo di recente parlato della OST pensata per il lungometraggio The Kitchen, ma gli eventi si accavvallano senza posa e cosi siamo ora di ritorno ad illustrarvi un nuovo lavoro di Bryce, questa volta in tandem con un altro mostro sacro della scena indie, ovvero il tenebroso e non meno talentuoso Will Oldham, noto ai più con lo pseudonimo Bonnie Prince Billy.
E’ stato disvelato ieri l’album We Are Inhuman, che accanto a Bryce e Will, vede la presenza prestigiosa del sestetto di musica contemporanea Eighth Blackbird, a conferma delle ambizioni, non di poco conto, che sono all’origine di questa collaborazione.
Otto tracce che si dipanano per circa 51 minuti. When We Are Inhuman, questo il titolo del disco, si compone di vecchi brani di Oldham presentati in una veste completamente nuova, debitrice della sensibiltà di Dessner enfatizzata dalle sfumature classiche conferite dagli Eighth Blackbird. Un’operazione dunque perfettamente riuscita per un lavoro affascinante e curatissimo.
L’album si apre sulle note della sublime Beast for Thee, brano scritto da Oldham assieme a Matt Sweeney, originariamente presente sull’album Superwolf, del 2005: in questa nuova versione dominata dagli archi la traccia assume un nuovo, inusitato spessore che ben si adatta al testo, struggente e poetico.
Sono di straordinaria bellezza anche le nuove versioni di New Partner, originariamente inclusa nell’album Viva Last Blues e di One with the Birds e When Thy Song trattae dall’EP Blue Lotus Feet, tracce cui le magnifiche orchestrazioni di Dessner conferiscono una dimensione quasi ieratica. Ma l’album non ci regala sono classici del catalogo di Will. Accanto ad essi, cover di vecchie murder ballads estrapolate dai repertori tradizionali americano e irlandese come la ballata popolare The Banks of the (Red) Roses in una versione quasi a cappella, dominata dalla bella voce di Oldham sottolineata dalle note dei sintetizzaori a rendere anche più lugubre l’atmosfera.
Johnny met his true love
they went for a walk
he pulled out his penknife,
it was long and sharp,
he has percing through and through
the bonny lassie’s heart.
And he left her there among the roses.
è la strofa che chiude, tragicamente, il brano.
E’ invece un classico della regione dei monti Appalachi, Down in the Willow Garden, che in questa reprise conserva il ritmo cadenzato dell’originale, impreziosito da una ricchissima orchestrazione fra sonorità country e raffinate venature classicheggianti.
Chiude l’album la composizione minimalista, solo strumentale, Stay on It, scritta da Julius Eastman: sedici minuti sottolineati delle nuances raffinate del pop destrutturato pensato dal musicista new yorkese scomparso nel 1990, in una sorta di corsa ossessiva che si quieta solo sul finire.
Un album raffinato e intenso, che non potrà che trovare il favore degli estimatori di Oldhman e Dessner. Per quanto ci riguarda, una notazione altissima e la speranza di poter assistere a una esecuzione di queste tracce dal vivo.
9/10