E’ un ritorno sulle scene in grande stile quello dei Tool. Da sempre all’intersezione fra heavy metal, progressive rock e alternative metal, la band, capitanata da Maynard James Keenan, latitava da più di tredici anni, nonostante le brillanti incursioni sulla scena musicale proprio del lead singer, con il side project A Perfect Circle, la cui ultima fatica risale all’anno passato. Malgrado o forse proprio date queste premesse, grandissima era l’attesa attorno alla pubblicazione di un nuovo album del gruppo originario di Los Angeles, da sempre sostenuto da schiere di estimatori del sound complesso e articolato di cui i californiani hanno saputo dare prova nel corso della loro ormai pluriventennale carriera.
Fear Inoculum, questo il titolo del disco apparso a fine agosto, si compone di dieci titoli che si dipanano per una durata di un’ora e venti minuti abbondanti. Pezzi di oltre dieci minuti si alternano a brani decisamente più brevi, spesso solo strumentali, intermezzi che contribuiscono a tessere una trama sonora intricata, dominata dal dialogo fra chitarra, basso e batteria, fra continue variazioni di ritmo e repentini passaggi da momenti di calma relativa a frastuono assordante.
E’ il caso della titletack, brano tutto in crescendo, introdotto dalla batteria martellante e ipnotica di Danny Carey, e sottolineato dai taglienti riff di chitarra di Adam Jones a fare da sfondo alla voce di Keenan, impegnato in un testo dai toni apocalittici.
The deceiver says, he says
“You belong to me
You don’t wanna breathe the light of the others
Fear the light, fear the breath
Fear the others for eternity”
But I hear them now, inhale the clarity
Hear the venom, the venom in
What you say inoculated
Bless this immunity
Bless this immunity
Bless this immunity
udiamo in apertura di questo pezzo-fiume, che si risolve in un finale vorticoso.
Non molto diverso l’andamento di Pneuma, che ci accoglie con il suo ritmo sincopato, quasi a voler rendere conto plasticamente del legame indissolubile fra la carne e lo spirito, nel momento esatto in cui viene esalato il soffio vitale.
We are spirit bound to this flesh
We go ‘round, one foot nailed down
But bound to reach out and beyond this flesh
Become PneumaWe are will and wonder, bound to recall, remember
We are born of one breath, one word
We are all one spark, sun becoming
canta Keenan in apertura di un brano dal testo profondo e decisamente filosofico.
Sono i suadenti giri di basso di Justin Chancellor a dominare l’introduzione di Invincible, uno degli episodi eccellenti dell’album, pezzo che si risolve in un turbinio di chitarre e batteria ad accompagnare la voce di Keenan impegnato in un brano dall’immaginario metaforicamente bellicoso.
Altri momenti particolarmente interessanti e riusciti arrivano con Culling Voices e Descending. Entrambi i brani sono costruiti tutti in crescendo con il classico e consueto passaggio dalla quiete al movimento, ma se, nel primo caso atmosfere rarefatte sottolineate dai riff di chitarra di Jones accompagnano la voce di Keenan verso un finale vorticoso, in un brano tutto sommato introspettivo, dedicato alle ossesioni che accompagnano un ego problematico, il secondo pezzo, introdotto dalle onde di un mare in tempesta, rievoca tematiche care al suo autore, come la caduta repentina e il passaggio inatteso dal successo alla sconfitta, il tutto sullo sfondo di un tappeto di chitarre e di basso.
Free fall through this boundlessness
This madness of our own making
Falling isn’t flying
Floating isn’t infinite
Inutile dire che la notazione non puo’ che essere altissima.
8,5/10