(recensione): Prince – 1999 (superdeluxe edition) (Rhino, 2019)

Risale allo scorso mese di luglio la pubblicazione dell’album postumo di Prince, Originals,  una piccola ma ricca antologia di titoli composti dal principe di Minneapolis e prestati da quest’ultimo ad altri artisti. La riedizione presentava gli stessi brani nell’interpretazione del suo autore, attingendo alla sterminata e per lo più inedita collezione disponibile negli archivi di Paisley Park. Novembre 2019: a 37 anni esatti di distanza è ora il turno di 1999, disco che nel 1982 sancì il successo planetario di Mr Roger Nelson, dopo Controversy e poco prima dell’esplosione di Purple Rain. Per l’occasione la casa discografica Rhino in collaborazione con la Warner Records ha ben pensato di fare le cose in grande. Le 11 tracce dell’edizione originale sono naturalmente presenti in versione rimasterizzata,  ma il prezioso cofanetto arriva con l’aggiunta di 4 cd supplementari (5 cd o 10 vinili in totale, se si preferisce questo formato) contenenti versioni alternative delle medesime tracce, bsides e 24 titoli inediti pescati dal caveau dell’artista. Ciliegina finale,  un dvd con le immagini di un live d’epoca registrato a Houston.

Il coffret è stato presentato in anteprima nel corso di una serata speciale organizzata dalla rivista Rolling Stone Francia all’Hard Rock Café di Parigi, serata alla quale eravamo presenti. Ma veniamo alla musica.

1999 esce, come dicevamo, come album doppio nel 1982. Ed è un disco straordinariamente innovativo e sperimentale, un mélange di stili e sonorità all’intersezione fra funk, soul ed elettronica, nel quale non mancano incursioni ora nel pop,  ora nel jazz.

Su tutto dominano le note dei sintetizzatori suonati dallo stesso Prince, nell’intento di colorare con  venature elettrofunk la trama musicale, cosi da renderla allo stesso tempo sensuale e futuristica, in sintonia con la data, nel 1982, ancora lontana, cantata nella titletrack.

Ed è proprio 1999 ad aprire le danze, con il suo ritmo serratissimo quasi a sfidare le atmosfere apocalittiche evocate dal testo.

Ma stiamo parlando di Prince e non c’è tempo da perdere, perchè il brano che segue è la sublime Little Red Corvette, un mix perfetto di pop e funk, uno dei pezzi che hanno fatto la storia della musica, e che, a 37 anni di distanza, non dà segno di avere perso in freschezza.

I guess I should’ve known by the way you parked your car sideways
That it wouldn’t last
See, you’re the kinda person that believes in makin’ out once
Love ‘em and leave ‘em fast

recita la prima strofa, elegantemente esplicita nel raccontarci di un amore fugace.

Non meno bella Let’s Pretend We’re Married, lussuriosa dichiarazione d’amore, sublimata dal fraseggio di Mr Nelson, che passa con grazia dal classico falsetto a note più gravi a sottolineare il ritmo scatenato dalla trama musicale.

Forse è meno nota ma è un interessante esperimento musicale, decisamente riuscito, Something in the Water (Does Not Compute),  pezzo che anticipa, in filigrana,  il sound che figurerà qualche tempo dopo in Purple Rain.

Completano la rosa delle undici tracce di 1999, l’ironica e decisamente visionaria All the Critics Love U in New York, la lussuriosa Lady Cab Driver e la delicata Free.

Come anticipatovi, tuttavia, il cofanetto targato 2019 non si limita a questo.  Molteplici le versioni presenti dei titoli originali, intervallate da bsides, come Irresistible Bitch, lato b di Let’s Pretend We’re Married, ma anche più interessanti sono gli inediti, come Vagina, traccia scritta per la bella Vanity,  poi tenuta in un cassetto,  o Rearrange e Feel U Up, semplici sessioni di lavoro, in alcuni casi decisamente compiute, che rievocano sonorità destinate a dovenire dominanti nella produzione successiva del musicista di Minneapolis.

Inutile dire che si tratta di un piccolo gioiello, da conservare preziosamente, fans o semplici estimatori di Prince, o più in generale tutti gli amanti della buona musica.

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9,5/10

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