(recensione & intervista): Novanta – Some are Stars (EP- Seashell Records, 2019)

Disco importante, sebbene si tratti di un EP, il nuovissimo Some Are Stars di Novanta, progetto nato da un’idea del palermitano, di stanza a Milano, Manfredi Lamartina. Sono trascorsi ben tre anni dalla pubblicazione di Hello We’re Not Enemies, ultimo album in studio curato da Manfredi. Un disco variegato e complesso, dalle atmosfere nordiche a dispetto di ogni previsione, al quale aveva collaborato l’australiano Ian Bonnar. Non mancano venature eteree e glaciali, à la Sigur Ros o Mogwai nemmeno in Some Are Stars, ma l’EP segna ad ogni buon conto un punto di svolta nel percorso artistico del progetto. Manfredi non è più solo: a lui si è infatti unito in pianta stabile il batterista Agostino Financo Burgio, e molteplici sono i featuring che contribuiscono a rendere allo stesso tempo coerente e multiforme  la trama sonora che abita le quattro tracce.

A partire dal brano che apre le danze, ovvero Outside Noise, che puo’ vantare la presenza di Dario Torre dei Stella Diana, che presta la voce su un pezzo dall’andamento decisamente shoegaze.

E’ invece True Sleeper l’ospite di To Realize, traccia dalle cadenze vorticose e dal ritmo incandescente: un piccolo gioiello a metà strada fra noise e dreamrock.

Bellissimi ed estremamente interessanti i due brani intermedi, The Plot Thikens e Lovers – con i quali siamo magistralmente introdotti nell’ universo post rock particolarmente caro a Lamartina, che ci offre per l’occasione un bel saggio del proprio talento nel costruire delle composizioni ricche e complesse, che in questo caso sono altresi’ sottolineate da arrangiamenti particolarmente curati.

Un lavoro che si guadagna una notazione decisamente positiva.

7,7/10

 

Novanta (c) ilaria sponda

Novanta (c) ilaria sponda

In occasione della pubblicazione dell’EP abbiamo potuto scambiare qualche parola con Manfredi Lamartina:

Coeurs & Choeurs: Sono trascorsi tre anni dalla pubblicazione di Hello We’re Not Enemies. Cosa è cambiato da allora nel tuo modo di approcciarti alla musica e quali sono gli elementi di continuità?

Novanta: È cambiato tantissimo il mio modo di approcciarmi alla musica. Ho passato gli ultimi tre anni a fare e disfare brani, morso al cuore dall’insoddisfazione. Io intendo la musica come evoluzione, ma per parecchio tempo non sono riuscito a trovare una via d’uscita da un loop stilistico che non mi permetteva di spingermi un po’ più in là rispetto al disco precedente. Così ho mollato completamente l’approccio domestico e do it yourself in fase di registrazione, sono andato in uno studio vero e proprio (Il Faro Recording Studio, di Somma Lombardo, in provincia di Varese) e soprattutto ho avuto il supporto fondamentale di Agostino Financo Burgio, che è entrato in pianta stabile nel progetto come batterista. Poi la presenza di cantanti come Dario Torre degli Stella Diana e Marco Barzetti (ovvero True Sleeper) ha lucidato i brani, che sono diventati finalmente compiuti.

C&C:  Domanda di rito per tutti gli shoegazers: cos’è per te lo shoegaze? quali sono le tue influenze ? come vedi il futuro della scena shoegaze ?

ML: Lo shoegaze l’ho sempre immaginato come una sorta di punk per introversi, cioè una musica che si rivolge a gente al tempo stesso fiera e timida. Limitatamente al progetto Novanta, le influenze sono Slowdive, Smashing Pumpkins, Lali Puna, Mogwai, M83, Red House Painters. Musica emotivamente molto forte – anche molto vecchia, ne convengo – ma io di solito nelle canzoni cerco empatia, non groove. Il futuro della scena shoegaze è un bel punto interrogativo: rispetto agli anni Zero, in questo decennio c’è stato un ritorno molto forte di certe sonorità, qualcuno è riuscito a imporsi (penso per esempio a Beach House, Cigarettes After Sex, Nothing), ma ancora siamo abbastanza lontani dallo sdoganamento definitivo. Ammesso che a noi shoegazer interessi davvero giocare nello stesso campionato delle popstar. Io, per esempio, sto bene dove sto.

C&C: Progetti per il futuro ?

ML: Stiamo preparando qualche data con una band di cui facciamo parte io, Agostino, Annalisa Vetrugno (Buckingum Palace) al basso e Giuseppe Musto (Il Ragazzo Del Novantanove) al synth. È una bella formazione e ci stiamo divertendo molto.

 

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