(recensione): The Strokes – The New Abnormal (RCA Records, 2020)

Dispiace. Dispiace davvero tanto che il nuovo, sesto, attesissimo album degli Strokes arrivi nel bel mezzo della peggiore pandemia che il pianeta Terra abbia mai attreversato negli ultimi cento anni almeno.

Eppure le premesse che avevano accompagnato la notizia dell’imminente pubblicazione erano allettanti, cosi come saranno ricordati a lungo e felicemente, i live a sorpresa annunciati e svoltisi regolarmente lo scorso febbraio in alcune fortunate città europee, Parigi inclusa, pochi giorni prima del lockdown che ha obbligato sale da concerto piccole medie e grandi a fermare i battenti.

Cosa fare in una situazione cosi’ complessa le cui ripercussioni sono ancora ben lontane da essere vagliate e comprese? Rimandare o meno la pubblicazione del disco? Gli Strokes hanno optato per la seconda soluzione e The New Abnormal, come previsto, è arrivato ieri. Ascoltandolo, abbiamo capito come fosse non solo inevitabile, ma anche necessario.

Gli Strokes possono vantare una carriera lunga e fortunata, malgrado gli alti e bassi e le incursioni soliste e i side projects che coinvolgono i vari membri della band, il lead singer Julian Casablancas in primis, impegnato parallelamente con i Voidz, o il chitarrista Albert Hammond Jr, con all’attivo ben 4 solo album.

Oltre alle indubbie qualità musicali che consentono alla band di mescolare elementi rubati alla migliore tradizione rock a venature indie, senza disdegnare incursioni pop o elettroniche capaci creare magie uniche e irripetibili, la band come nessun altra riesce a incarnare lo spirito dei tempi che, volenti o nolenti, ci troviamo ad attraversare. Era successo con il loro primo lavoro Is This It, dato alle stampe alla vigilia della tragedia delle Twin Towers, e, come uno specchio riflettente la storia si ripete ora con The New Abnormal.

I missed the last bus, I’ll take the next train
I’ll try, but you see, it’s hard to explain
I say the right thing but act the wrong way
I like it right here, but I cannot stay
I’m watching TV, forget what I’m told
Well, I am too young and they are too old
The joke is on you, this place is a zoo
You’re right, it’s true

recitava il ritornello di Hard To Explain, brano di apertura del disco del loro travolgente debutto. I brani inclusi in The New Abnormal non sono meno profetici.

The New Abnormal, diciamolo subito, è un album maturo, complesso e brillante, probabilmente quanto di meglio la band abbia inciso da tempo.

A partire dalla splendida The Adults are Talking, brano eseguito per la prima volta nel maggio del 2019, dominato da una folgorante linea di basso a fare da sfondo alla voce di Casablancas impegnato a declamare un testo misterioso e dal senso indecifrabile.

But then it don’t make sense when you’re trying hard
To do the right thing, but without recompense
And then you did something wrong and you said it was great
And now you don’t know how you could ever complain

Non meno riuscita la seconda traccia, Selfless, pezzo agrodolce sulle pene d’amore, che puo’ contare su una trama complessa e articolata sottolineata dal dialogo incessante fra basso e chitarra e con l’aggiunta del tocco psichedelico assicurato dalla batteria di Valensi.

Bite my tongue, I wait my turn
I waited for a century
Waste my breath, no lessons learned
I turn and face the enemy
I’m not scared, just don’t care
I’m not listening, you hear?
He’s never there, but I don’t care
I can’t tell you what and where

udiamo in coda al brano.

I nove pezzi inclusi nel disco sfilano in sequenza, uno più bello dell’altro. E cosi ecco Brooklyn Bridge to Chorus, terzo singolo estratto, dalle atmosfere d’antan, sottolineate dalle note dei sintetizzatori a ricreare le cadenze discoglam dei primi anni 80.

O, ancora Eternal Summer, traccia dominata dalla voce in falsetto di Julian a recitare:

Is that story true?
No one saves the day (Hey, yeah, oh)
Don’t you want the truth?
Ignore reality
See, I love that feeling too
Nobody’s gonna stop right now (Hey, yeah, oh)

parole, che oggi, con il senno di poi, suonano più sinistre e inquietanti che mai.

Suonata per la prima volta la notte di San Silvestro nel corso di un memorabile live act al Barclays Center di Brooklyn Ode the Mets è allo stesso tempo un omaggio alla celebre squadra di baseball della città e un ulteriore esempio del talento compositivo e della indubbia maturità stilistica e musicale raggiunta da Casablancas, forse anche e soprattutto grazie alla libertà creativa assicuratagli dalla militanza con i Voidz.

Up on his horse, up on his horse
Not gonna wake up here anymore
Listen one time, it’s not the truth
It’s just the story I tell to you
Easy to say, easy to do
But it’s not easy, well maybe for you
Hope that you find it, hope that it’s good
Hope that you read it, think that you should
Cuts you some slack as he sits back
Sizes you up, plans his attack

Ai fans non sarà sfuggita la presenza nel testo della breve locuzione : “Da-da-da/ Drums please, Fab”, piccolo dettaglio che rievoca, per chi ha avuto la fortuna di assistere a uno dei loro live, in questi tristi momenti che stiamo vivendo, attimi di assoluta piacevolezza.

Non possiamo esimerci dal citare Why Are Sunday’s So Depressing o ancora Not the Same Anymore o ancora At the Door, a completare un disco non solo splendido, ma essenziale testimonianza di quanto la musica sia anche in momenti cosi difficili salvifica.

Ultimi elementi decisivi nel valutare con un perfect ten questo lavoro, l’email inviata dalla band questa notte ai fans, e che recita:

Fellow humanoids,

these are indeed crazy times we find ourselves in, and bizarre timing, as well, to be releasing an Album… Rather than push the release back, we hope this brings you some respite during your quarantine. Stay safe and we’ll see you soon.

~ The Strokes

e la pubblicazione di due dirette su reddit, ora disponibili sul canale youtube della band, con i 5 simpatici e intelligenti componenti del gruppo impegnati in una surreale conversazione a distanza.

Ci rivredemo presto dal vero, Jules & Co.

10/10

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